Elliott Erwitt (1928-vivente)

LUOGO DI NASCITA:

Parigi – Francia

MACCHINA FOTOGRAFICA:

STILE FOTOGRAFICO:

pubblicitaria e documentaria

SITO UFFICIALE:

Biografia

Elliott Erwitt, al secolo Elio Romano Erwitz (Parigi, 26 luglio 1928), è un fotografo statunitense specializzato in fotografia pubblicitaria e documentaria, noto per i suoi scatti in bianco e nero che ritraggono situazioni ironiche ed assurde di tutti i giorni. Seguì lo stile di Henri Cartier-Bresson, maestro nel cogliere l’attimo decisivo.

La giovinezza: Nato a Parigi da genitori ebrei di origine russa, visse in Italia fino al 1938. La famiglia emigrò negli Stati Uniti d’America nel 1939 a causa del fascismo. Qui Erwitt studiò fotografia al Los Angeles City College dal 1942 al 1944 e cinema alla New School for Social Research dal 1948 al 1950.

La carriera fotografica: All’inizio degli anni ’50 servì l’Esercito americano in Francia ed in Germania come assistente fotografo. Erwitt fu influenzato dall’incontro di fotografi famosi come Edward Steichen, Robert Capa e Roy Stryker. Quest’ultimo, l’allora direttore del dipartimento di fotografia della Farm Security Administration, assunse Erwitt per lavorare su un progetto fotografico per la Standard Oil. Dopo questo periodo iniziò la carriera di fotografo freelance, lavorando per riviste quali Collier’s, Look, Life e Holiday o aziende come Air France e KLM. Nel 1953 entrò a far parte della prestigiosa agenzia Magnum Photos, associazione che gli donò molta visibilità e che gli permise di intraprendere progetti fotografici in tutto il mondo. Uno dei temi che Erwitt ha spesso fotografato nella sua carriera sono i cani, i quali sono stati oggetto di quattro dei suoi libri: Son of Bitch (1974), Dog Dogs (1998), Woof (2005) e Elliott Erwitt’s Dogs (2008)

“Quando è ben fatta, la fotografia è interessante. Quando è fatta molto bene, diventa irrazionale e persino magica. Non ha nulla a che vedere con la volontà o il desiderio cosciente del fotografo. Quando la fotografia accade, succede senza sforzo, come un dono che non va interrogato né analizzato”. Così il celebre fotografo francese Elliott Erwitt descrive l’arte che, attraverso il linguaggio dell’immagine, gli ha permesso di raccontare con piglio giornalistico gli ultimi Sessant’anni di storia e della civiltà contemporanea, cogliendo in una serie di scatti in bianco e nero gli aspetti più tragici e quelli più divertenti della vita che è passata di fronte al suo obiettivo.

Membro dal 1953 della storica agenzia Magnum, fondata al termine della seconda guerra mondiale da un gruppo di fotografi fra i quali Henri Cartier-Bresson e Robert Capa, Erwitt utilizza il linguaggio privilegiato dell’istantanea per comporre un racconto visivo da cui risulta tutta l’ironia di un universo congelato in pose bizzarre, ma anche l’insospettabile perfezione formale che può scaturire dal caso. “Nei momenti più tristi e invernali della vita, quando una nube ti avvolge da settimane – scrive Erwitt – improvvisamente la visione di qualcosa di meraviglioso può cambiare l’aspetto delle cose, il tuo stato d’animo. Il tipo di fotografia che piace a me, quella in cui viene colto l’istante, è molto simile a questo squarcio nelle nuvole. In un lampo, una foto meravigliosa sembra uscire fuori dal nulla”.

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